Come già vi riferimmo sull’ultimo numero erano in tanti, lo scorso 8 giugno, ad attendere la sentenza di conferma o meno della confisca dell’enorme patrimonio riconducile ai fratelli Pellini, da parte della Corte d’Appello del Tribunale di Napoli, attraverso apposita udienza camerale a porte chiuse, nella quale i giudici dell’VIII sezione dovevano prendere una decisione cruciale attesa da associazioni di cittadini, gruppi di attivisti e sulla quale era intervenuto anche il Vescovo Antonio Di Donna.
Alla fine l’udienza camerale, tra la delusione dei presenti, veniva rinviata al prossimo 13 luglio, per l’assenza del Presidente dell’8° sezione Rosa Maria Caturano.
Udienza che era stata preceduta da alcune dichiarazioni rese alla stampa da parte dei cittadini, protagonisti di un sit in davanti al Tribunale. Ma nei giorni scorsi la stampa quotidiana riportava che i giudici della Corte d’Appello (Presidente Vittorio Melito) hanno depositato la sentenza di oltre 50 pagine, confermando la confisca dei beni.
A questo punto il Tribunale dovrebbe sancire il non luogo a procedere sulla richiesta avanzata dagli avvocati dei fratelli Pellini, che chiedevano la restituzione del loro patrimonio mobiliare ed immobiliare. Legali ai quali, quindi, già è stata notificata la sentenza, depositata lunedì 19 giugno, avverso alla quale i germani Pellini hanno già presentato ricorso in Cassazione.
Sta di fatto che i Giudici della Corte d’Appello il 13 luglio ufficializzeranno una decisione, forse unica nel suo genere, in merito al tesoro da 222 milioni di euro confiscato ai danni dei noti imprenditori, dopo la condanna per disastro ambientale aggravato in provincia di Napoli nei territori compresi tra Bacoli, Qualiano ed Acerra.
Imprenditori locali dediti allo smaltimento dei rifiuti e condannati, com’è noto, in via definitiva a 7 anni di reclusione (ridotti a 4 con l’indulto) con l’accusa di disastro ambientale il 29 gennaio del 2015 dai giudici della IV sezione della Corte d’Appello del Tribunale di Napoli. Una sentenza poi confermata in data 17.05.2017 dalla Corte di Cassazione, a conclusione del processo d’Appello denominato “Ultimo Atto-Carosello”.
Purtroppo c’era il timore, che i tempi biblici della giustizia avrebbero potuto far scattare, per decorrenza dei termini, l’inefficacia della confisca del tesoro, rimasta ferma al primo grado di giudizio. Nel frattempo dalla Terra dei Fuochi si moltiplicavano gli appelli, a scongiurare la restituzione del patrimonio considerato frutto dell’ecomafia.
Il caso Pellini è molto sentito in Terra dei Fuochi, soprattutto dopo che l’Istituto Superiore della Sanità sancì il nesso di causalità tra l’incidenza dei tumori e la presenza dei rifiuti. Per questo motivo le mamme, i parenti, gli amici dei tanti giovani e giovanissimi morti per il male che non dà scampo, si erano organizzati, per manifestare davanti al Tribunale napoletano.
L’istanza alla Corte d’Appello dei legali dei Pellini da cui è scaturita l’udienza, puntava a far dichiarare inefficace la confisca del patrimonio decisa in primo grado nel 2019 dal Tribunale per le Misure di Prevenzione. L’inefficacia ipotizzata dagli avvocati degli smaltitori di rifiuti si basava sull’ipotesi, che sarebbe stato oltrepassato il termine dei 18 mesi, per decidere sulla conferma o meno della confisca in sede d’Appello.
In sintesi dopo il sequestro, nonostante ci fosse un ricorso al secondo grado di giudizio, la Corte non si sarebbe espressa. Non avrebbe deciso. Non avrebbe depositato una seconda sentenza, né per rigettare le conclusioni della difesa, confermando il sequestro, né per dare ragione alla difesa, magari disponendo la revoca dei sigilli all’impero dei Pellini.
Il tesoro, frutto dei proventi dello scarico dei rifiuti, era stato fatto sequestrare dalla Direzione Distrettuale Antimafia agli inizi del 2017. Nell’elenco del patrimonio da 222 milioni, oltre ad elicotteri ed auto di lusso, vi sono case e ville anche nelle località turistiche più rinomate, come a San Felice al Circeo (8 appartamenti); S.Maria del Cedro (10 ville) e Agropoli (1 villa).
Oltre ad appartamenti a Roma, 14 appartamenti a Caserta e 6 a Pomigliano. Oltre ad un distributore di carburanti a Ceprano ed una pasticceria a Marigliano.
Molti anche i terreni. “Non possiamo consentire, che vengano restituiti ai Pellini, condannati in via definitiva a 7 anni dalla Cassazione nel 2017 beni, che sono il frutto di disastro ambientale in provincia di Napoli – era stato il disappunto dell’ambientalista Alessandro Cannavacciuolo, presente anch’egli all’esterno del palazzo di Giustizia – perché significherebbe massacrare di nuovo la nostra terra”.