Il monito del Vescovo: “Educatevi alla legalità, passate dalla condizione di sudditi a quella di cittadini”.

Al termine della marcia anticamorra, tenutasi lo scorso 12 novembre, di cui riferivamo nelle pagine precedenti ed alla quale prendevano parte soprattutto un migliaio di studenti con striscioni e cartelloni, era il Vescovo Antonio Di Donna, dal palco allestito a piazza Duomo, a rivolgere un accorato e forte appello agli studenti di Acerra ed alle istituzioni, affinchè non abbassino la guardia contro la camorra.

“Noi adulti abbiamo la responsabilità, di non aver educato i ragazzi alla libertà. Ai ragazzi occorre ricordare la storia, gli accadimenti del 1982 – esordiva l’alto prelato – anni in cui la camorra imperversava soprattutto alla ricerca del denaro pubblico, che a fiume arrivò in Campania, a seguito del terremoto verificatosi due anni prima. C’era ogni giorno almeno un morto ammazzato.

Ma un Vescovo venuto dal Nord e formatosi in Sicilia, nella valle del Belice, Mons.Antonio Riboldi, presente ad Acerra già nel 1978, si fece difensore di questa comunità ed osò chiamare per nome quel cancro, che si chiamava camorra. Don Riboldi con tutti i Vescovi campani firmò un documento, che divenne il manifesto anticamorra di allora con il famoso titolo: ‘Per amore del mio popolo non tacerò’.

Titolo a cui si ispirò don Peppino Diana. E di cui venne a conoscenza attraverso un giornalino ecclesiastico, che io redigevo e curavo in qualità di giovane prete. Don Riboldi – proseguiva Di Donna – smosse le coscienze e furono soprattutto i giovani a mobilitarsi, dando vita ad un movimento, da cui scaturì la famosa marcia verso il fortino del boss di allora ad Ottaviano.

La camorra non fece alcun atto clamoroso contro don Riboldi, che fece invece alcuni anni più tardi contro don Diana. Riboldi, che non amava il clamore, le piazze, fece da coagulante di tutte le forze sociali, come i sindacati, che ebbero allora un ruolo importante. Il movimento dilagò un pò dappertutto e creò una grossa riscossa, come ci ricorda il giornalista Pietro Perone nel suo libro.

Oggi, dopo 40anni, altri giovani hanno voluto ricordare quel momento, accolti da un altro Vescovo che, a sua volta, ne accoglie l’appello. Ed intanto anche in altre zone del napoletano in questi giorni si è alzato lo stesso grido anticamorra, come a Ponticelli. Adesso altri soldi sono in arrivo, ossia quelli del Pnrr, che egualmente attirano l’appetito della camorra.

Allora diamo vita ad una nuova resistenza, la terza, dopo quella antinazista del ‘43, dopo quella anticamorra di quarant’anni fa. Resistenza anche contro le ecomafie, che inquinano le nostre terre. Imparate dalla storia, da quel movimento – incalzava il Vescovo – perché occorre dare continuità, costanza all’impegno profuso e non è facile farlo nel quotidiano.

Una lotta che non può essere affidata ad un singolo, ma all’intera comunità”. Poi, alla fine del suo intervento, monsignor Di Donna faceva poche ma precise raccomandazioni ai giovani presenti. “Ricercate sempre uno stile di vita, che scelga la libertà e la dignità, che hanno sempre un costo. Aborrite il motto me ne frego e adottate quello mi interessa.

Studiate e cercate di capire il fenomeno della camorra che, negli anni, è cambiata e che quindi non va compresa d’istinto. Oggi la camorra ha cambiato volto, si serve dei colletti bianchi, preferisce il computer alla pistola. Perciò occorre uno studio severo e non saranno più sufficienti le marce, come quella che avete organizzato molto bene oggi.

La mia ultima raccomandazione – concludeva il Vescovo – è educatevi alla legalità, per passare dalla condizione di sudditi a quella di cittadini, perché molti di voi sono ancora sudditi. Non cedete alle lusinghe della clientela e rispettate le normative e le leggi. Anche quando talvolta esse sono contrarie alla libertà dell’individuo.

Non abbassate la testa e non isolatevi, perché la camorra punta sulla solitudine, per avere campo libero. La Diocesi si sta già preparando a commemorare il centenario della nascita di don Riboldi, che ricorre a gennaio prossimo”.

 

Joseph Fontano

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